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La donna in gabbia di Jussi Adler-Olsen

“Sulla porta c’era la targa d’ottone d’obbligo, con la scritta Sezione Q. Solo che la porta era smontata e appoggiata ai tubi del riscaldamento…Difficile evitare il paragone con un ospedale dell’Europa dell’Est. … In quella parte del sotterraneo non c’era gente, nè luce del sole, nè aria; nulla che potesse allontanare la somiglianza con l’Arcipelago Gulag”. Però, simpatici questi danesi, viene da pensare dopo aver letto La donna in gabbia di Jussi Adler-Olsen. La frase non è dettata dalla mia vena sadica: non è molto simpatico, ammettiamolo, rimanere rinchiusi in un antro illuminato giorno e notte mentre una voce ci promette di liberarci solo se sapremo capire perché dobbiamo stare lì a scontare questa pena, come succede alla parlamentare Merete Lynngaard. Piuttosto, stupisce piacevolmente la vena fannullona dei ligi investigatori nordici, che siamo abituati a considerare molto più ligi al dovere e pieni di scrupoli rispetto a quelli mediterranei. E invece no: se si dà spazio ai loro pensieri, emergono anche in loro progetti statali accettati per “grattare” qualche finanziamento in più, o voglia di esercitarsi nella nobile arte del sudoku invece di stare a rispolverare casi chiusi da anni. In questo caso mi riferisco proprio a Carl Morck, il poliziotto dal passato famigliare e professionale difficile (e chi dei nostri investigatori del cuore non ce l’ha?) con tanto di sensi di colpa nei confronti di una squadra di ex colleghi morti o rimasti paralizzati. Morck che accetta l’incarico della Sezione Q, che si occupa di casi di rilevanza nazionale mai risolti, in passato, dagli inquirenti, sperando sia il suo lasciapassare per un indisturbato transito verso la pensione. Non sarà così, e naturalmente non vi sto ad anticipare come avverrà, soprattutto perché i soldi statali versati per sovvenzionare il suo incarico devono essere giustificati ai superiori, in qualche modo. E il caso di Merete Lynngaard, il mistero della sua scomparsa improvvisa all’apice della carriera e in giovane età, si impone alle sue giornate. Cosa c’è infatti nel passato …

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I poeti morti non scrivono gialli, di Bjorn Larsson

Cosa potrebbe mai accadere se al posto dei vari Steig Larsson, Camilla Lackberg o Henning Mankell, una importante casa editrice svedese commissionasse un romanzo poliziesco a un grande poeta? E se quest’ultimo, una volta aver accettato e averne scritto una buona parte, venisse trovato dal suo editore, poco prima di firmare il contratto, impiccato sul battello in cui viveva, nel porto di Helsingborg? La risposta è molto semplice, sareste alle prese con una bellissima avventura targata Bjorn Larsson , lo scrittore svedese che troppa gente confonde ancora con il suo scadente omonimo Steig, un grande della letteratura contemporanea che con questo suo ultimo libro – intitolato I poeti morti non scrivono gialli e pubblicato come da abitudine dalla casa editrice Iperborea – conferma ancora una volta di essere un maestro. Seppur il sottotitolo del libro sia, un po’ ironicamente, «una specie di giallo», l’intreccio che il lettore si ritrova, dapprima a scoprire lentamente, poi a inseguire e divorare, è un grandissimo giallo, estremamente ricco, sofisticato e ben costruito . Ci sono infatti tutti gli ingredienti che servono per il genre, ma c’è anche, e soprattutto, molto di più. In una intervista concessaci durante il Festival di Mantova (che ritrovate seguendo questo link ), Larsson ci ha rivelato di non credere assolutamente nei generi, colpevoli di formare nella mente del lettore degli inutili e dannosi pregiudizi. Dopo un weekend di intensa lettura, passato a divorare le 353 pagine di questo libro, posso senz’altro capire quello che Larsson intendeva quando mi parlava della letteratura di genere e mi spiegava il perché si sia messo a giocare con i moduli del giallo, vale a dire per metterli alla prova, per liberare un genere ormai consumato e inaridito da un recinto inutile. Bene, a libro letto, non si può certo dire che non ci sia riuscito, anzi. Questa «specie di giallo», infatti, oltre all’appassionante filone investigativo che scorre dall’inizio alla fine, riesce a contenere molto altro. Prima di tutto l’ironica, ma estremamente realistica rappresentazione di un mondo editoriale ipertrofico e decadente, che insegue i profitti e che dimentica…

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I poeti morti non scrivono gialli, di Bjorn Larsson

Omicidio sulla via Appia, di Steven Saylor

Nel 52 a.C. la situazione politica a Roma è molto complicata. La Repubblica tanto difesa da Cicerone è sulla via del tramonto. Il triumvirato Cesare-Pompeo-Crasso ha perso il suo terzo elemento nell’ennesima battaglia contro i parti, mentre gli altri due si fingono alleati: Pompeo aveva addirittura sposato Giulia, figlia di Cesare. Ovviamente è un equilibrio molto, ma molto precario. Tanto è vero che, alla morte prematura di Giulia, i due comandanti iniziano subito a guardarsi in cagnesco e, per usare un eufemismo, a sfidarsi a distanza. «Cesare e Pompeo sono le aquile, che volano su mari e montagne. Sulla terra…

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6 nei guai, di Janet Evanovich

La sesta avventura dell’adorabile Stephanie Plum, (Janet Evanovich, 6 nei guai , uscito per Salani), inizia esattamente da dove si era interrotta la quinta: ovvero con Stephanie fortemente attratta due uomini, incapace di decidersi sul da farsi. Come al solito, Stephanie non è portata per lo sport e lavora ancora come cacciatrice di taglie – tutto sommato adora il suo lavoro, e come potrebbe fare altrimenti? – per conto dell’agenzia di suo cugino Vinnie, e ha come sempre il suo bel daffare per recuperare pazzi squinternati che non si presentano davanti al giudice. Questa volta, però, a stare sul serio nei guai è il suo attraente – molto attraente – collega Ranger. A quanto pare è stato l’ultimo a vedere vivo un certo Ramos, un malvivente di grosso calibro che controllava il mercato delle armi. Quindi, adesso Ranger ha alle costole, non solo la polizia, ma anche la malavita che ovviamente lo vuole morto. Come se non bastasse, nonna Mazur decide di andare a vivere con lei. “Una cosa momentanea” naturalmente, dato che si è messa in testa, alla sua veneranda età, di tornare a vivere da sola, prendere la patente e fare la cacciatrice di taglie; e non è l’unica, anche Bob, un bel cagnone peloso, è piombato nella sua vita. Insomma, non si può certo dire che Stephanie abbia una vita tranquilla. Tutt’altro. Sembra che sia il centro di attrazione per un numero incredibile di guai, tra guerre tra mafie e questioni di cuore sempre piuttosto movimentate. Ma Stephanie ha dalla sua parte la tenacia, il sostegno di Bob e di Lula, la sua collega eccessivamente sovrappeso e ex-prostituta; ha la giusta dose di testardaggine e di follia; senza contare che ha dalla sua un gran bel senso dell’umorismo – che per fortuna non ha mai perso – e la capacità di guardare con leggerezza le cose e, con un pizzico di fortuna (d’accordo, un po’ più di un pizzico), riuscirà a districarsi dai guai e, a …

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