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La neve a Gaza di Vincenzo Soddu, una favola contemporanea

Ha mezzo secolo d’età Vincenzo Soddu , l’autore di questa favola contemporanea che ha il sapore acre della vita. Quell’esistenza difficile e dolorosa, che portiamo avanti sulle sponde di tante terre e che in Medio Oriente acquista accenti di terrore e rassegnazione. “La neve a Gaza” distribuisce briciole di questo nero pane di disperazione che ha nutrito e nutre ancora oggi generazioni di palestinesi, le nutre e le avvelena allo stesso tempo, salvandole in extremis attraverso la storia di Karim, del suo villaggio di Rafah , della devastazione della guerra, della fuga verso l’Italia e del lungo epilogo di un’avventura salata e vasta come il mare di Sardegna , che lo accompagna con sbuffi di candida schiuma tra i bianchi profili delle case di Cagliari, la città nel quale si ritrova a vivere una parte del suo viaggio. La depressione, il carcere, una strana rapina che ha i contorni della rinascita e anche l’amicizia, quella vera, che sa mettere radici anche nella disperazione e cresce insieme ad una voglia di riscatto che si fa largo prepotentemente nei suoi giorni: Macerie di neve da una parte, macerie di case dall’altra. Bambini a Milano che gioiscono perché così potranno rimanere a casa, bambini a Gaza che sognano che qualche fiocco di neve scenda al posto dei missili. Karim sbiancò. Sembrava una condanna, ma perché a Gaza non c’è mai la neve? Bombe, invece, tante. Le bombe israeliane sono bombe strane, con una testata di fibra di carbonio e resina epossidica integrata con acciaio e tungsteno. Queste armi hanno un enorme potere esplosivo, ma il potere dell’esplosione si dissipa molto rapidamente e il raggio interessato non è molto lungo, forse dieci metri: le persone …

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La neve a Gaza di Vincenzo Soddu, una favola contemporanea

L’enigma delle anime gemelle di Lucia Gilli

Una sceneggiatura bluastra da leggere ed immaginare. “L’enigma delle anime gemelle” di Lucia Gilli ha una forma poco classica, o almeno poco ortodossa rispetto ai tanti libri che ci si può trovare di fronte. E ciò non soltanto perché la storia che vi è contenuta si presenta secondo le caratteristiche tipiche delle sceneggiature cinematografiche, ma anche perché i personaggi si delineano attraverso pochi particolari che sembrano diretti a colpire lo sguardo più che l’immaginazione. Superando un forte rischio di iniziale frustrazione ci si ritrova a seguire personaggi costantemente in bilico tra realtà e fantasia, collocati in un mondo che vive nel gioco sottile della rappresentazione. Ci vuole un pizzico di coraggio a lanciarsi nella lettura di una sceneggiatura che si presenta come testo letterario. Quel tanto di volontà di affidarsi che molto spesso i lettori, il …

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L’enigma delle anime gemelle di Lucia Gilli

Sapore di rosa, un bel romanzo di Barbara Cordoni e Tiziana Battisti

In una realtà complicata, dove oramai tutti anneghiamo nelle difficoltà – chi pratiche, chi esistenziali – e dove ci lasciamo inondare da opinionisti, dibattiti politici, false promesse televisive o chissà che altro, staccare la spina non è certo impresa facile. Farlo con un libro è sempre una soluzione, e se poi il libro in questione racconta una storia dolce che invita a viaggiare leggeri, allora sarà ancora più semplice farci abbracciare dal divano di casa. Accade con Sapore di rosa (Spunto Edizioni, 2013), scritto dalle esordienti Barbara Cordoni e Tiziana Battisti. Le due amiche e colleghe (entrambe fanno parte della nostra storica azienda Rai), unendo forze e passione, hanno dato vita a un romanzo che rappresenta un viaggio nei ricordi e nelle cucine di un tempo, dove i grembiali e i mattarelli venivano riposti nelle madie, e dove il profumo di un dolce appena sfornato era sempre il preludio di condivisioni, incontri, abbracci, ma anche di amori nascenti o ritrovati. Lo stile di narrazione e l’intreccio intessuto dal destino delle protagoniste, richiede una mente aperta alla fantasia, in grado di lasciare la razionalità fuori dalla porta per abbandonarsi al sogno e a quel “tutto è possibile” che nel quotidiano non ha più

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La fabbrica dei cattivi, di Diego Agostini

Confesso che la lettura del romanzo La fabbrica dei cattivi (Giunti, 2013) all’inizio mi ha dato un po’ fastidio. L’autore, Diego Agostini , ci spiattella dinanzi agli occhi quanto siano buoni, belli, saggi, moderni e via dicendo gli Stati Uniti d’America. Mi è sembrato alquanto stucchevole, fino a quando succede l’imprevisto e il romanzo prende una piega inaspettata e fa sì che la lettura da noiosa diventi molto avvincente. L’io narrante è il protagonista che, con la sua famiglia composta dalla moglie e da due figli (un bimbo e una bimba), va spesso in vacanza negli USA. Così in una giornata di relax, dopo un acquazzone tremendo in cui si bagna completamente, decide di andare, con i suoi, in un centro commerciale per acquistare una maglietta asciutta. Arrivano al centro commerciale, parcheggiano, e, visto che la bimba, pestifera!, si è addormentata, la lasciano in macchina e prendono la maglietta. Pochissimi minuti di assenza, ma sufficienti perché lo stravolgimento avvenga. Alex – il protagonista – e sua moglie Mara si troveranno così a dover affrontare le maglie della giustizia statunitense, scontrandosi con un muro di gomma. I due genitori hanno commesso un reato o no? Sono colpevoli? La fabbrica dei cattivi ci porta, nei meandri della cultura americana, di una parte di essa almeno, e il fatto che la narrazione sia soggettiva ci permette di vivere i prima persona le angosce di Alex: quello che lui vive lo viviamo anche noi, quello che sa lui lo sappiano noi e, come lui, ci poniamo le sue stesse domande. È bravo Agostini a delineare la psicologia dei personaggi e a mostrarci cosa succede dall’interno, anche se qualche concessione di troppo alla psicologia c’è: in situazioni come quelle che …

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