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Natale all’inferno nell’amaro Addio di Rimbaud

Ma perché rimpiangere un eterno sole, se siamo impegnati nella scoperta della luce divina, – lontano dalla gente che muore sulle stagioni? Perché scegliere le parole atroci di Rimbaud , il suo amaro e solitario “Addio” , veleno di “Una stagione all’Inferno” , per la dolce mattina di Natale? Per gettare l’amo della contraddizione, spargere il vento leggero della modernità, della lacerazione che parla di alberelli sparuti come sopravvissuti e di immonde lotte, e che lascia sullo sfondo, sotto il velo brillante della realtà accuratamente messa in scena, il volto scheletrico di una guida? Non solo per questo, ma anche per dar vita alle immense possibilità viscerali, per stringere forte la mano della volontà e percorrere con il coraggio della disperazione un sentiero di continue interruzioni. Ritornare a Rimbaud per non cedere alla tentazione dell’abituale, per mettere il piede sul baratro e ondeggiare ostinatamente oltre. Niente cantici: mantenere il passo conquistato. Dura notte! Il sangue disseccato mi fuma sulla faccia, e non ho nulla dietro di me, se non quell’orribile arboscello!… La lotta spirituale è brutale quanto la battaglia d’uomini; ma la visione della giustizia è un piacere a Dio solo riservato. Comunque è la vigilia. Accogliamo tutti gli influssi di vigore e di effettiva tenerezza. E all’aurora, armati di ardente pazienza, entreremo nelle splendide città. Perché esistono infernali stagioni che assomigliano al leggero e progressivo luccichio mistico, di una religione rovesciata, nella quale Cristo e Anticristo si mescolano e quasi

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La fine del mondo nelle ultime parole de La Coscienza di Zeno di Italo Svevo

Ordigni… Ecco è l’ordigno che crea lo squilibrio, la malattia, con l’annullamento delle leggi di Natura. Forse attraverso una catastrofe prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo inventerà un esplosivo incomparabile e un altro uomo più malato ruberà tale esplosivo e si arrampicherà al centro della Terra, dove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udirà e la Terra, ritornata alla sua forma nebulosa, errerà nei cieli, priva di parassiti e di malattie. E’ questo lo scenario che ci aspetta oggi? Questo il destino di un pianeta disastrato del quale Zeno Cosini , magistralmente interpretato da Jhonny Dorelli nell’ adattamento televisivo del 1988 del romanzo di Italo Svevo , canta le improbabili lodi? Questo il bisogno di purificazione nel quale affondano tante profezie apocalittiche? Per riflettere siamo ritornati alle origini, ad uno dei testi cardine della letteratura italiana e alla sua fine inattesa. Tra ossessioni maniacali e rigurgiti di coscienza ipertrofica, il nostro Zeno, malato immaginario della malattia del Secolo, è una specie di archetipo contemporaneo che procede nei suoi scavi psichici, alla ricerca di un’impossibile cura. Che si riassume in un lungo interrogarsi che porta ad una fine inattesa e quasi metafisica, ma solo a tratti. Perché in fondo tutto termina in fumo, anche la narrazione stessa, avvolta dalle spire di una catastrofe annunciata, che risente degli echi Prima Guerra Mondiale e che il protagonista, uomo a cavalo tra…

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Giulio Einaudi al palazzo Reale di Milano l’arte di pubblicare in mostra

Il solo nome di Giulio Einaudi evoca pomeriggi interi passati alla ricerca del nuovo compagno delle prossime avventure libresche. Lunghe ore nelle quali gli autori e le storie si susseguivano ad un ritmo febbrile, instillando stimoli quasi elettrici nelle cellule neuronali. E una parte importante di queste sensazioni arrivavano dritte dalla casa editrice che porta il nome del suo fondatore, l’allora ventunenne Giulio, partito per un viaggio, che lo avrebbe impegnato per i sessantaquattro anni successivi. Iniziato al terzo piano di via Arcivescovado 7, Torino, nello stesso palazzo che era stato sede del settimanale L’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci, il suo progetto era ben lungi dal presentarsi come un romantico desiderio di evasione, come dimostra il pragmatismo del quale è intrisa l’ opera inedita di Giulio Paolini dedicata proprio agli occhiali di Giulio Einaudi . Le tappe di questo lungo periplo umano e professionale, sono state riunite in una mostra, visitabile gratuitamente presso le sale all piano terra del Palazzo Reale di Milano , fino al 13 gennaio 2013. “L’arte di pubblicare” è un’esposizione che rende omaggio ad un uomo e all’importante realtà editoriale che seppe mettere in piedi e sostenere nella sua vertiginosa crescita, come sottolineano le parole di Malcolm Einaudi , presidente della Fondazione intitolata a suo nonno: E’ una mostra di arti, plurale, perché è l’intreccio di alcune arti che sono arti applicate, la grafica, il book design, la tipografia, e con l’arte figurativa vera e propria, ma anche con l’arte letteraria. Testi e collane che sono passate alla storia dell’editoria italiana, per restare fedeli compagne di generazioni e generazioni di lettori, appassionati dei Coralli, e curiosi fan delle opere d’arte di maestri come Morandi, Giacometti o Modigliani , che

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Giulio Einaudi al palazzo Reale di Milano l’arte di pubblicare in mostra

Le passioni esoteriche da Victor Hugo a André Breton, riunite in una mostra di disegni

La maggior parte dell’opinione pubblica è incline, grazie ad anni di impronte lasciate dall’educazione razionalista, a limitare gli apporti di certe “arti oscure” all’interno della produzione letteraria e poetica di alcuni grandi protagonisti della cultura moderna. Eppure le spinte provenienti dalle terre di confine dell’inconscio , le suggestioni spiritistiche e le incursioni mesmeriche furono una realtà bene presente, capace di influire sulla genesi e sullo sviluppo di autentici capolavori letterari, e non solo nell’epoca romantica. È il caso di Victor Hugo , dedito alla pratica delle “tavole parlanti” , suggerita nel settembre del 1853 dalla visita di Delphine de Girardin . Diventata in breve tempo uno dei passatempi preferiti dell’intera famiglia…

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