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Salani Editore compie 150 anni

Chi ci legge abitualmente sa che, a noi di Booksblog, piace molto sfruttare gli anniversari dei grandi poeti, narratori e intellettuali per ricordare tutto ciò che di bello ci hanno lasciato, che siano versi, racconti o intuizioni. Proprio per questo oggi non possiamo non ricordare e celebrare una delle più antiche realtà editoriali del nostro paese, la Adriano Salani Editore, che proprio quest’anno compie centocinquanta anni di vita. Celebre da sempre per l’attenzione tributata alla letteratura per i più piccoli, nei cuori delle ultime due generazioni di lettori – pressapoco quelli nati tra gli anni 80 e i primi anni 90 – la Salani ha saputo guadagnarsi un posto di prim’ordine grazie a una straordinaria scelta di titoli geniali. Da una parte la collana gli Istrici, su cui, chi come me è nato nei primi anni 80, ha imparato ad apprezzare la buona letteratura grazie ad autori come Roald Dahl, Bianca Pitzorno e moltissimi altri. Dal’altra Harry Potter, il

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Un momento poetico targato Pichette

Ancora un momento poetico che si svolge nel metrò parigino. Non più sulla linea 4 , (quando avevamo “incontrato distrattamente” il breve ritratto di Giorgio de Chirico tracciato da Louis Aragon) ma sulla 5 , precisamente tra le stazioni di Stalingrad e Gare de l’Est . Un tabellone chiaro sponsorizzato Gallimard , dai bordi colorati, seminascosto sul fondo del vagone, il solito sguardo che ci cade per caso, e ancora un “incontro fulminante”, come sempre. Stavolta si tratta dei versi di Henri Pichette , quattro linee striminzite dal titolo evocativo: la tomba di Gérard Philippe ( “Tombeau de Gérard Philippe” ), in cui riposa uno dei più grandi attori del teatro francese di tutti i tempi. Effimera e indimenticabile mi ballava nel petto una rosa. Nel mattino in cui il fulmine è caduto sul cuore, la pioggia assomigliava alle lacrime del sole. Henri Pichette Un momento poetico targato Pichette

Un piccolo omaggio a Giulio Einaudi, editore

Uno struzzo in campo ovale con un chiodo in bocca e una scritta: Spiritus durissima coquit, ovvero lo spirito digerisce le cose più dure. A questo piccolo stemma cinquecentesco, che avrebbe potuto benissimo fungere da stemma di casata nobiliare, il caso ha voluto affibbiare un compito molto più grato, quello di rappresentare una grandissima impresa culturale, forse una delle più importanti dell’Italia novecentesca, l’Einaudi. L’uomo che scelse quel simbolo – che in realtà “acquisì” dalla rivista La Cultura di Mario Praz – si chiamava Giulio Einaudi e oggi, 2 gennaio 2012, avrebbe compiuto un secolo tondo tondo. Su Twitter quest’oggi sono tantissimi i fedeli einaudiani che gli stando offrendo il proprio tributo: una citazione, una dichiarazione di stima e di affetto, persino qualche parola di rimpianto per i tempi che furono. È innegabile, infatti, che ripensando a Giulio Einaudi e agli anni d’oro del suo gioiello editoriale si ripensa a uno scenario intellettuale che rispetto ai nostri giorni pare un olimpo: Pavese, Vittorini, Ginzburg, Calvino e moltissimi altri. Insomma, la crema di una classe intellettuale che molti ormai dichiarano estinta. Ma è proprio vero? Io credo di no, esattamente come sono convinto che il miglior modo di fare arrivare a Giulio Einaudi i nostri auguri sia portare avanti con forza questa convinzione. È vero, l’Italia ha passato gli ultimi vent’anni a dormire, con la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Ma questo non significa che la cosa debba continuare a piacerci. È arrivato il momento di riemergere, di tirar fuori la testa dalla sabbia e l’inizio di un anno come il 2012 – magnete per profezie millenariste

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Un piccolo omaggio a Giulio Einaudi, editore

Fare i libri, dieci anni di grafica in casa editrice, a cura di Riccardo Falcinelli

Probabilmente la maggior parte dei lettori, alla domanda diretta su quanto sia importante nelle scelte di lettura l’aspetto grafico dei libri, dapprima esiterebbe. Poi, probabilmente, per non fare la figura di chi giudica le cose dall’aspetto e non dalla sostanza, si dichiarerebbe poco influenzato dalla grafica editoriale al momento dell’acquisto. Ma se per un verso il lettore avrebbe indubbiamente ragione – che effettivamente un libro non si giudica soltanto dalla copertina, come un monaco dall’abito che porta – per tutta una serie di motivazioni topperebbe completamente, condannando una parte decisiva del processo di creazione editoriale all’invisibilità, o peggio, all’inutilità. È proprio per questo, per capire le esatte dimensioni di questo sbaglio, che ogni lettore – ne sono convinto – dovrebbe almeno sfogliare questo grandioso libro edito da minimum fax e intitolato Fare i libri, dieci anni di grafica in casa editrice . Si tratta di un libro quasi prettamente (foto)grafico, splendidamente curato nei dettagli che porta letteralmente il lettore nel retrobottega di una delle case editrici più interessanti e importanti culturalmente dei nostri anni. Forse lo si dice ancora sottovoce, ma neanche più di tanto. La minimum fax (rigorosamente minuscolo) sia per prospettive editoriali, sia per pratica costante di scoperta o di riproposizione di grandi libri sia italiani che stranieri, classici ma soprattutto contemporanei, sta occupando quel grande vuoto a cui ci hanno condannato gli anni ottanta con l’esaurimento del sacro fuoco einaudiano. Ma avere un giro di intellettuali – da Vasta a Lagioia – a mio parere sempre più paragonabile alla cerchia che tra i cinquanta e gli ottanta frequentava Torino (da Vittorini a Calvino per intenderci) o avere tra i propri titoli la grande narrativa italiana come quella americana non sarebbero stati elementi sufficienti per dare alla minimum fax quell’anima e quell’aura tipica…

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Fare i libri, dieci anni di grafica in casa editrice, a cura di Riccardo Falcinelli