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Martha Medeiros, angoli di poesia urbana in quel di Napoli

Angoli di poesia urbana spuntano un po’ ovunque nei tessuti cittadini italiani ed esteri, una testimonianza partenopea. Dopo Prévert sull’asfalto di Milano ci siamo imbattuti in un pannello luminoso a due passi dal caos del centro di Napoli , sulla scala che porta dritta ai treni della stazione Porta Nolana della Circumvesuviana , la rete ferroviaria locale che serve (non sempre nel miglior dei modi ad esser sinceri) la cintura dei comuni vesuviani, collocati come dice il nome, a mo’ di anello intorno a Vesuvio e a due passi dal mare, si possono scoprire inaspettati scorci lirici. Eccovi infatti qualche immagine dei noti versi dell’ Ode alla Vita di Martha Medeiros , indicazioni semplici eppure sempre così vere, sul senso più intimo dell’esistenza e sulla conservazione del significato più profondo che è sempre frutto di una ricerca inarrestabile. Il testo, spesso erroneamente attribuito a Pablo Neruda , appartiene in realtà all’estro e alla sensibilità della giornalista e scrittrice brasiliana classe 1961. Tratto da una sua poesia del 2000 (titolo originale “A Morte Devagar”). Ve la riportiamo a colpi di spezzoni, riuniti in quattro quadranti costruiti sullo sfondo di un paesaggio acquatico verdeggiante, per restituire alla vera autrice le sue parole e a tutti noi una leggera pausa di riflessione concentrata intorno alla domanda “Chi muore?” . Quadro 1 Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia di vestire un colore nuovo, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero al bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’…

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Buona estate con una poesia di Vittorio Bodini

E alla fine la tanto agognata estate 2013 è arrivata. Quest’anno sembrava non volesse saperne di giungere e possiamo dire, giusto così per fare un omaggio ai luoghi comuni, che non ci sono più le mezze stagioni. Siamo passati, infatti, dall’inverno all’estate: della primavera in questo 2013 non c’è stata traccia. Noi di Booksblog vi auguriamo una serena estate, fatta di relax e di grandi scorpacciate di libri. Vi invitiamo a salutare la nuova stagione che oggi inizia con una poesia Vittorio Bodini (1914-1970) tratta dalla raccolta Dopo la luna (1956). Estate. I grandi piatti di conserva sulle terrazze e il fumo che dai camini nella luce s’invetria. Ritrovano le cose nel sonno umano il silenzio ch’è la loro forma. Rivive così la vuota carcassa d’un grillo in una morte o delicata speranza. Le formiche avanzano. Brilla il coperchio come un re, d’una scatola di latta. E si ode il fiato sottile delle costellazioni, quello dei santi nelle campane di vetro sui freddi marmi dei comò. Arcieri nelle grotte saettano tori e amori senza labbra, occhi dalle palpebre lievemente arrossate da un’intima congiuntivite. Via | GM Foto | h.koppdelaney via photopin cc Buona estate con una poesia di Vittorio Bodini

Jacques Prévert sull’asfalto di Milano

Le parole di una poesia di Prévert, incise sull’asfalto del centro di Milano. Camminare in Corso Garibaldi a Milano , la fermata della metro di Moscova alle spalle e l’arco di ingresso a Corso Como in vista. Godersi così, semplicemente un primo pomeriggio di primavera tardiva finalmente assolato e fermarsi estasiati nei versi. Mi è capitato proprio ieri, mentre assaporavo come un gatto risvegliatosi da un lungo inverno le gioie della gente, del chiacchiericcio da bar, e di quel leggero velo di spensieratezza che avvolge tutte le cose quando ritorna il bel tempo, ed ecco che mi sono ritrovata a camminare letteralmente su una lirica di Jacques Prévert , incisa sull’asfalto di uno spiazzo laterale. Un’Inventaire di soggetti pronti ad ispirare istanti di poesia, mescolanze di orsetti lavatori, apostoli, scuderie, pietre, vino e personaggi storici. Sono inneschi insomma, giustapposti come i cavoli a merenda eppure portatori di uno sconvolgimento di ruoli e di dimensioni che rende il loro affiancamento, una questione di geniali umori ispirati, tramutati anche in canzone da Kosma e da Les Frères Jacques: Une pierre deux maisons trois ruines quatre fossoyeurs un jardin des fleurs un raton laveur une douzaine d’huîtres un citron un pain un rayon de soleil une lame de fond six musiciens une porte avec son paillasson un monsieur décoré de la légion d’honneur un autre raton laveur un sculpteur qui sculpte des Napoléon… Foto by Sara Rania

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Jacques Prévert sull’asfalto di Milano

Cinquant’anni fa moriva Nazim Hikmet. Tre poesie per ricordarlo

Il 3 giugno 1963 moriva a Mosca il poeta Nazim Hikmet , il rivoluzionario romantico . Nato a Salonicco nel 1901 è ritenuto uno dei più importanti poeti turchi dell’epoca moderna. E muore e nasce a tutta forza albero stella uomo virus eccetera eccetera un tumulto uno strepito speranza malinconia nostalgia e nasce e muore a tutto vapore In italiano le poesie di Hikmet sono state tradotte da Joyce Lussu, partigiana, politica, scrittrice, traduttrice e poetessa a sua volta che ha lavorato ai testi del poeta sotto la supervisione di Hikmet stesso: Amo in te l’avventura della nave che va verso il polo amo in te l’audacia dei giocatori delle grandi scoperte amo in te le cose lontane amo in te l’impossibile entro nei tuoi occhi come in un bosco pieno di sole e sudato affamato infuriato ho la passione del cacciatore per mordere nella tua carne. amo in te l’impossibile ma non la disperazione. In occasione del cinquantesimo della sua morte noi di Booksblog vi invitiamo a leggere le sue opere (poesie ma anche

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